«La persona deve essere al centro di tutto»

Intervista a Luca Vigilante, co-amministratore del Gruppo Telesforo. Dopo quattro attentati oggi vive sotto scorta

«Se la gioventù le negherà il consenso, anche l’onnipotente e misteriosa mafia svanirà come un incubo». Le parole di Paolo Borsellino riecheggiano nella convinzione di Luca Vigilante, presidente della cooperativa sociale Società Più e co-amministratore del gruppo Telesforo che opera nella sanità accreditata, con sede e strutture a Foggia, Bisceglie e Potenza.

Il quarantenne Luca Vigilante da qualche anno vive sotto scorta dopo che alcuni suoi familiari e sedi delle strutture sono stati oggetto di ben quattro attentati. «Una delle vicende più interessanti di questo periodo è la voglia di rinascita della società civile a Foggia e, soprattutto, dei giovani. Gli inviti più calorosi mi sono arrivati dalle scuole e dalle associazioni cattoliche. Inviti a cui ho risposto con entusiasmo». Così come gli inviti arrivati a Luca Vigilante da tanti comuni, ma non da Foggia, il suo. «A Foggia sono stato contattato solo dall’Università e una volta dal Partito Democratico, né un’associazione datoriale di categoria né altri. Ma devo ricordare che di noi si sono interessati anche dall’estero, per esempio sono stato contattato dalla redazione di Al Jazeera».

La vita sotto scorta, il timore di poter arrecare danno ad altre persone, la ricerca costante di una nuova dimensione di normalità in una terra dove la criminalità organizzata è particolarmente spietata, aiuta a considerare il contesto dal quale partire. «Abbiamo un territorio che viaggia con tre locomotive su tre binari diversi – precisa Vigilante – la società civile che è rimasta in attesa, una classe imprenditoriale per lunghi anni basatasi sul comparto edile che con la crisi strutturale del 2008 si è indebolita, una politica che negli ultimi venti anni non ha saputo cogliere le vere esigenze, i bisogni e il nuovo linguaggio e si è liquefatta nello scioglimento per infiltrazioni mafiose del Comune di Foggia da parte del Ministero dell’Interno». Un’analisi tanto semplice quanto puntuale che, rassicura il giovane imprenditore, può essere il prodromo per una rinascita. «La società civile è rimasta fortunatamente viva e di questo tipo di vivacità ho sentito il segno positivo quando ho ricevuto, con tutta la mia famiglia, la solidarietà di tutti nel momento più difficile».

Luca Vigilante è molto conosciuto in città, per il suo attivismo nell’associazionismo cattolico e per il suo attaccamento al basket essendo stato un professionista. «Per me la fede è tutto, tutti siamo missionari quando ci nutriamo della parola del Vangelo». Ma la vita di un’intera famiglia che cambia le sue abitudini, deve convivere con la paura e deve dare un nuovo significato alla parola normalità e non può prescindere dalla riscoperta delle cose più semplici e ovvie. «Quando hai addosso l’adrenalina delle tappe della tua vita e della tua carriera e ti accadono delle cose particolari come quelle che sono successe, apprezzi la forza del sapere di tornare a casa ed abbracciare la famiglia e vivere normalmente – continua Luca Vigilante – è questa la nuova dimensione di normalità». Dire di no alla malavita organizzata non è semplice soprattutto in quei territori dove fino a poco tempo fa lo Stato sembrava assente. Uno Stato che, in questo momento, fa sentire la sua presenza in città così come percepisce soddisfatto il giovane imprenditore. «Adesso si percepisce nel nostro territorio la presenza dello Stato. Non c’è giorno che non ci sia un’iniziativa di prevenzione e formazione che vede il protagonismo della Prefettura – prosegue Luca Vigilante – dire di no ad un’organizzazione malavitosa è tanta roba e significa, secondo me, proteggere la propria famiglia perché è risaputo che aperture di qualsiasi tipo alla criminalità organizzata significherebbe ritrovarsela per sempre nella propria quotidanità. Ho due figli piccoli che se un giorno dovessero decidere di lavorare in questa azienda, devono poterlo fare in libertà e senza condizionamenti di alcun tipo».

Ma non c’è spazio per l’antimafia di professione nelle parole e nella quotidianità di Luca Vigilante, quella strana malattia che a volte vanifica gli sforzi di chi sostituisce il proprio protagonismo alle azioni di denuncia e di cittadinanza attiva. «No ho il tempo di dedicarmi all’antimafia di professione, il lavoro mi assorbe come è giusto che sia». Un lavoro incentrato su una gestione etica d’impresa che non lascia spazio ad alcuna infiltrazione di nessun tipo. «L’etica che mi porto dietro è quella che mi deriva dalla mia formazione giovanile. Le mie origini sono umili, mio padre era una guardia giurata, mia madre una casalinga. Mi sono formato nell’associazionismo cattolico e sportivo. Ho imparato che la persona deve essere al centro di tutto e che c’è bisogno di dignità, rispetto e, nel nostro caso, anche di organizzazione aziendale. Il compito è di conciliare la centralità delle persone in un’organizzazione aziendale come la nostra».

Le voci su una possibile candidatura di Luca Vigilante a sindaco di Foggia si sono susseguite subito dopo lo scioglimento del comune per infiltrazioni mafiose. Per quello strano destino che riconduce puntualmente ad esponenti della società civile il compito di far ripartire istituzioni offese e maltrattate da talune incapacità politiche. «La mia candidatura a sindaco di Foggia sarebbe inopportuna – conclude Luca Vigilante – ritengo che le contaminazioni siano utili ma nel mio caso non è possibile». La vita sotto scorta continua pur nella routine della giornata tipo. Si esce di casa alle 9.00, ci si avvia con la scorta in uno dei luoghi dove operano le strutture (Foggia, Bisceglie e Potenza), si fa rientro a casa per assaporare la nuova dimensione di normalità.

Fonte: https://ledicoladelsud.it/

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